Lectio Magistralis al Liceo “Megara”

Riconoscere la “Singolarità” di ciascuno è alla base del vivere civile del cittadino contemporaneo. Respirare la “vertigine della libertà” è l’essenza dell’Uomo di ogni tempo.
Martedì 22 aprile, nella splendida cornice della sala delle conferenze del Circolo Unione di Augusta, più di cento liceali del Mègara, hanno assistito all’appassionata “Lectio Magistralis” del prof.re Luca Saraceno su “La vertigine della Libertà e l’angoscia in Sören A. Kierkegaard”.
Dopo i saluti iniziali della presidente del Circolo solidale, Gaetanella Bruno, i lavori sono stati introdotti dal prof.re Castro Alfio, il quale ha illustrato le motivazioni e le tematiche affrontate durante le dieci Lectiones Magistrales: “Lettera a una professoressa” Don Milani, dott.ssa Agata Sortino, Dirigente Scolastico; Dilthey e il giovane Hegel, prof.re Alfio Castro; Breve percorso su una disciplina di frontiera: la filosofia del Linguaggio, prof.ssa Adelaide Scacco; Svevo – Joyce “L’amicizia di una vita”, prof.ssa Gabriella Rista e prof.re Carmelo Giummo; La comunicazione come potere demiurgico e demagogico sulla società, prof.ssa Francesca Solano; Karl Popper, Scienza: incessante progresso verso la verità, prof.ssa Maria Catena De Leo; Biotecnologia e bioetica, prof.ssa Sandra Amara; Il 13 maggio 1943 ad Augusta, prof.re Giorgio Casole e avv. Francesco Migneco; Dallo Statuto Albertino alla Costituzione della Repubblica Italiana, prof.ssa Silvia Barbagallo.
Grazie ad una intuizione della dott.ssa Agata Sortino, Dirigente Scolastico del Liceo Classico Mègara, e alla collaborazione tecnica del Dipartimento di Filosofia, coordinato alla prof.ssa Solano Francesca, i liceali sono stati accompagnati, attraverso “passeggiate” filosofiche, storiche, scientifiche, letterarie e di diritto costituzionale, a fermarsi e riflettere davanti alle “icone del pensiero” come: Don Milani, Hegel, Joyce, Svevo, Jonas, Kierkegaard … e tanti altri.
Ai ragazzi è stata data l’occasione, attraverso l’ascolto e la lettura di brani illuminanti, di “aver cura della propria intelligenza” e di sviluppare un pensiero comparativo, riflessivo e critico.
“C’è un valore che è la vita a cui fare riferimento”. La lectio di Luca Saraceno inizia così, con un’affermazione rivolta alla folta platea e prosegue con una riflessione lucida e lineare protesa a definire il ‘senso dell’esistenza’ che si sviluppa attraverso la lettura retrospettiva delle categorie della “possibilità” e del “Singolo” del filosofo danese Søren Kierkegaard (1813-1855).
Tutto si costituisce, dice Saraceno, a partire dal riconoscimento della individualità irriducibile della persona.
“L’Io è tale in quanto rimanda ad un Tu che lo costituisce e lo pone come essere relazionale”. “La più grande lezione di Kirkegaard è data dall’affermazione che l’uomo non è una monade”.
Così, la lectio continua con il rapporto tra fede e religione, citando uno splendido passaggio “La fede è il punto terminale più alto della relazione umana: invita ad andare oltre, a scoprire il senso ultimo delle cose”, e “La fede è la più alta passione d’ogni uomo. Ci sono forse in ogni generazione molti uomini che non arrivano fino ad essa, ma nessuno va oltre”.
Partendo da questa citazione possiamo arrivare al cuore del pensiero del filosofo danese che ci appare oggi particolarmente illuminante. La Fede è solo per l’uomo che non rinuncia alla sua singolare unità che, fra l’altro, non permette in alcun modo di assimilarlo alla “massa” o “genere”.
Come spiega Luca Saraceno, “Di fronte al pensiero di Hegel, che aveva esaltato il valore della verità oggettiva e dello Spirito che riassume e risolve in sé ogni individualità, Kierkegaard affermò con forza l’irriducibile dimensione del singolo: ogni persona è un unicum, una realtà originale e irripetibile, alla quale non possono certo essere applicate le categorie dell’oggettività e dell’universalità, tanto care a Hegel”.
Ecco il significato della vita religiosa, profondamente diversa sia da quella estetica sia da quella etica: per spiegarne il senso, Kierkegaard ricorre all’esempio del biblico patriarca Abramo, che, a settant’anni, riceve da Dio l’ordine di sacrificare il figlio Isacco, ovvero di macchiarsi di un crimine orrendo. “Abramo obbedisce, dimostrando che la sua fede è totale e capace di spingerlo a portare a termine un’azione umanamente folle ed esecranda. Secondo Kierkegaard, la vicenda di Abramo ci insegna che la scelta religiosa implica il rischio, il paradosso, lo scandalo: così, per altro, fu per Gesù Cristo stesso, la cui storia – dall’incarnazione alla passione, morte e resurrezione – è contraddistinta da quella che san Paolo definisce “stoltezza”, una “stoltezza” del tutto incomprensibile agli uomini, ma che, secondo i piani divini, è forza redentrice».
Insomma una, “bella serata,” questo è il giudizio degli alunni che hanno ascoltato con partecipazione emotiva la relazione del prof.re Luca Saraceno.
“Questa sera abbiamo ricevuto una “lezione di metodo e di slancio vitale” nel riconoscere l’altro da sé come necessario interlocutore alla propria esistenza, così ha chiuso i lavori la dott.ssa Agata Sortino.
Prof. Alfio Castro
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